il mattino è l’ora salsa: speranze gettate fra le dune raddrizzano i fiori sullo stelo – oggi che morte e vita sono scompaginate ad ogni passo faccio il punto sono un caleidoscopio scosso
si rincorrono i bimbi nel Campo del Ghetto stridono felici come passeri al vento – e io affronto le pietre con precauzione scruto le ragnatele spaccate
dove nasce la nebbia e muore il sole fossi uccello di passo nella sera
Non ricordiamo più il tempo dei visibili volti, dei corpi senza paura i giorni dei contatti e degli abbracci – bianche e nere le maschere, sordo sotto gli abiti il cuore che ci rode
Ci sigilla un pianoro astratto dominio di nebbie incombenti chi passa, non ha parola nè nome
Qui non esiste il divenire l’oggi è soltanto un copiaicolla di giorni svaporati
Vivo in un purgatorio di pozzanghere e pietre lucenti l’aria, è nebbia e vapore l’acqua torbidamente scivola
dentro mura sbarrate, anime spente invisibili corpi attendono
in questo limbo di piogge ostinate fluttua il canale intorno ai pali e le barche legate sbattono in dondolante inquietudine
Aldo Vianello è morto le sue parole accecanti sono disseminate sulle pietre, dietro le fondamenta della Misericordia, sotto portici oscuri dentro i bistrot falliti, sui fogli fittamente graffiati dalla penna
Aldo Vianello, poeta veneziano, che ho avuto l’onore di conoscere, è mancato qualche giorno fa
La notte, una finestra chiusa gli angoli delle stanze piegati in silenzio imperfetto – rotoli di parole davanti e dietro a me: l’elenco spese un lucernario a chiarire cose non fatte, e ciò che avrei potuto e tende appese come vergini kore colonne urgenti a contemplare peccati, errori ed omissioni
poi, montagne di vuoti a perdere una lavagna di post-it come insetti il chiodo nella mia mente, e fuori un mondo intero, ma non più reale
Ho chiamato il vuoto con molti nomi zero assoluto, nulla, niente solitudine e nebbia notte bianca incombente raschio che ogni cosa cancella
e poi, vivere in affollamento di verbi a che serve? se io vengo dal vuoto di storie dimenticate ho succhiato latte ed oblio e per vivere, ancora ho sgommato ricordi
la leggerezza del vuoto ho cercato e temuto il vuoto pesante
ma vengo da un paese che non esiste e la musica del silenzio mi chiama
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