Me ne vado, sì me ne vado
dopo tanto dire dare non fare
e queste lunghissime sospensioni
del tempo fra un gesto e l’altro
dopo tutti gli svuotamenti
di significato per tornare a vivere
altri cantano suonano
lottano per amore o per odio, sicuri
io vado dove tu non sai
e ascolto la risacca del mondo
i ricordi inghiottiti
il ronzio che mi preme ai bordi
vado per restarmi dentro, nel bilico –
camminando su ponti tibetani
sorriderò con la forza leggera
di un sorriso non mio
“Ben oltre le idee
di giusto e sbagliato
c’è un campo.
Ti aspetterò laggiù.”
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forse ci troveremo
ai limiti del mare
fra nebbie d’inchiostro
e tenebre luminose
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Dove sul bordo di pozze gelate
scioglieremo i capelli alla brezza
senza accuse di specchi.
Lì potremo vederci e restarci
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Giochi a parte, forse la più bella di tutte, questa, per me.
Quella faccenda della forza leggere di un sorriso non tuo con cui sorridere è semplicemente enorme!
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bello il tuo gioco, poetico
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Eppoi (la rileggo ora) quel quasi trascurabile non fare, che spalanca tutto l’universo delle omissioni, forse il nostro vero peggio, che accoppio a quel pusillanime detto da me e su me qui da qualche parte e che, volendo, si potrebbe leggere alla luce della parabola dei talenti. Io interro.
Veramente grazie per queste parole.
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