Vento nuvole e pioggia a scrosci
accaniti rovesci contro i vetri
del mio vivere lungo, rinchiuso – fuori
teorie di fantasmi nel fango avanzano
senza occhi né voce, nessuno
li conosce: da dove
vengono, dove
possono andare oggi, quando
è calato un inferno di barriere?
Vento nuvole pioggia tacciono
in grigiore d’attesa – qui vivo
nel tepore di un nido, conosco
il vuoto da cui vengo
mi associo al canto dei cuori
copro orme confuse
mi pare tu stia parlando dei fatti accaduti in questi ultimi giorni. Un orrore che non ha giustificazione alcuna : inneggiare alla morte e provocarne i suoi artigli più feroci non ha nulla di umano. Ci sentiamo inermi in questo clima di guerra, immobili dentro barriere di violenza e odio.
Non riuscire a intravedere alcuna luce in tutto questo nero che ci stringe e costringe è l’essenza stessa della paura.
Ma non dobbiamo arrenderci, non possiamo rinunciare alla vita e all’amore così come dobbiamo credere e credere ancora nell’uomo.
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hai ragione, Rosario; anch’io, nel finale di questa poesia, voglio dire che, pur nella mia confusione emotiva e mentale, continuo a vivere…il mio pensiero andava anche a quella processione di profughi dai Balcani di cui nessuno parla più, mi auguro si sia fermata, ma forse va ancora avanti, nel freddo e nel fango
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Molto triste. Isabella
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Ancora una volta accade: stavo proprio pensando ai miei fantasmi e scrivendo di essi poco fa, nella mia pausa di fumo sul terrazzo che separa lavoro da lavoro. Capisco anche bene ciò che dicevi in risposta a mio commento su un tuo testo più natalizio e luminoso, quando confessavi che avevi de-scritto prima molta tristezza cupa, quasi disperata…
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però anche qui ho infilato una piccola nota positiva: cuori che cantano in coro, tuttavia il disegno dei miei passi in mezzo ai loro rimane confuso….si cerca una spia di speranza, ma spesso non si sa dove trovarla
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