a mio padre
Un argomento quasi sconosciuto al grande pubblico riguarda gli IMI, gli Internati Militari Italiani: si tratta dei soldati e degli ufficiali fatti prigionieri dai tedeschi dopo l’8 settembre, forse 800.000 (le cifre sono indicative).
Tolti da questo numero i numerosi morti, uccisi o per stenti, agli altri fu proposto di combattere o collaborare in altri modi con la R.S.I. o con il Reich: circa 600.000 si rifiutarono e furono internati nei lager senza la qualifica di “prigionieri di guerra” e i relativi diritti, come quello all’aiuto da parte della Croce Rossa. Furono perlopiù fatti lavorare nell’industria tedesca e per questo al loro ritorno in patria sospettati di collaborazionismo; inoltre facevano parte dell’esercito che aveva combattuto al fianco dei tedeschi, e rappresentavano l’alleanza sbagliata e la sconfitta militare, quello che l’Italia nel dopoguerra non voleva vedere.
In questi brani ho cercato di riassumere le loro tragiche vicende con l’aiuto di saggi italiani e tedeschi e di testi di memorialistica.
L’ha ribloggato su mioblogdeiblog.
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Io sono figlio di un IMI, mio padre non ha mai parlato circa questa sua esperienza…
Lo scorso anno con nostro grande ORGOGLIO siamo riusciti a fargli avere alla memoria la medaglia in quanto anche se postumo il loro sacrificio oggi viene considerato alla pari di quello dei partigiani.
Guarderò con grande interesse i brani da te proposti.
La loro resta comunque una pagina ASSOLUTAMENTE non conosciuta dai più.
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Non pensavo di avere subito un riscontro al mio post, non l’ho scritto io ma sono anch’io figlia di un IMI e quindi mi fa molto piacere il tuo interessamento; farà senz’altro piacere anche a Papagena.
Un caro saluto
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Spero che il nostro commentatore rimanga soddisfatto degli articoli e, soprattutto, abbia la pazienza di leggerli.
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Hai fatto bene a ricordare questa vicenda, perché si parla troppo stesso di altro tenendo marginalmente tutta una serie di dimenticati che hanno sofferto ugualmente a tanti sfortunati. Io avevo uno zio che, fatto prigioniero in Grecia dopo l’8 settembre, fu deportato in Germania e costretto a lavorare in una falegnameria perché questo era il suo mestiere, dato che i maschi tedeschi erano tutti al fronte. Fortunatamente essendo di proprietà di una famiglia riuscì a farsi voler bene per le sue qualità professionali e una volta finita la guerra cercò di rimanere in contatto con costoro. Rimasti però nella neonata Germania dell’Est, c’impiegò quasi trent’anni prima di rivederli… come a dire: nelle pieghe della sorte può nascere anche un lieto fine. Questo per dire che nella vita la fortuna ha un andamento strano e le storie da raccontare sono innumerevoli: c’è chi ha perso la vita e chi l’ha recuperata negli stessi ambienti e nelle stesse vicissitudini di tanti…
Ciao, un saluto…
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Un saluto a te! Ti ringrazio per la tua attenzione e per avermi fatto partecipe di una storia di vita come quella di tuo zio. Non ho scritto io questo articolo, come è evidente, ma l’argomento mi coinvolge molto da vicino perché mio padre è stato nei lager, ed è un’esperienza di cui non ha mai voluto parlare. Preferirei non aggiungere altro ma credo sia giusto conoscere altri risvolti della storia, che è fatta di una somma di “piccole ” ma grandi storie di persone che non si sono riempite la bocca di ideologie ma hanno la loro parte in silenzio
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Hanno fatto la loro parte
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Grazie per l’interesse che ci hai dimostrato; scrivi anche tu due righe sul tuo blog su tuo zio, così anche altri sapranno delle sue vicende e un altro piccolo pezzo di memoria riaffiorerà e sarà condiviso. Ciao papagena
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bellissima pagina che ricorda e rievoca le storie di chi è stato dimenticato! Mio nonno fu fatto prigioniero dopo l’8 settembre e internato in un campo di concentramento per militari e sovversivi. Riusci a scappare e si rifugio in Trentino dove lavorò per qualche anno come calzolaio. Infine riusci a tornare a casa. Non parlò mai volentieri di questa esperienza e ogni volta le lacrime sembravano riportarlo in quel campo. Ho scritto di questa sua “pagina” soprattutto per dargli il giusto merito di soldato, uomo, marito, padre. Magari la pubblico. Un caro a te Marina e a Papagena. Ottimo lavoro. Grazie
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Grazie a te, Rosario, per quanto hai aggiunto di personale al lavoro di ricerca di Papagena, devo dire un lungo e paziente lavoro dopo il quale ha elaborato conclusioni personali sicuramente non facili da seguire su internet.
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Come già scritto dobbiamo ricordarci degli internati militari italiani che hanno dovuto subire le barbarie naziste. Un grande pensiero e un abbraccio cara Marina
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grazie, Enrico, un saluto e un abbraccio a te
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brava, hai fatto bene. La giornata della memoria, nella dicitura ufficiale (se vorrai te la citerò) è dedicata anche e soprattutto a loro (per noi italiani), ma gli ambienti ufficiali non se ne curano troppo. Potrei dirti di storie e storie di questi pover ragazzi di oltre settanta anni fa (sono socia dell’Associazione Nazionale dei Mutilati ed Invalidi di Guerra) che ho conosciuto nelle loro età adulta e nella diglitosa vecchiaia, gente che mi onora di essere italiana. Ho scritto anche in loro ricordo…
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mi interesserebbe leggere qualcosa di ciò che hai scritto a questo proposito…grazie per il tuo intervento, un saluto
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si tratta di una piccola pubblicazione locale, opera mia (elaborazione grafica di mio marito), stampata in poche copie ad uso delle sezioni dell’ANMIG. Vorrei postarla in qualche modo, ma devo ancora organizzarmi. appena riuscirò nell’intento te lo comunicherò. Grazie per l’apprezzamento e per il tema che hai trattato, mi sta molto a cuore, ho avuto parenti e conoscenti IMI, come pure invalidi di guerra e reduci in famigllia e fra gli amici di casa, fra cui mio Padre, grande invalido della II Guerra Mondiale… a presto
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faccio seguito alla mia precedente comunicazione solo per far sapere, come da me promesso, che ho postato nel mio blog quel po’ che ho scritto, per il bene che voglio a queste persone…
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cara Federica, ti ringrazio per questa segnalazione, andrò a leggere quanto tu premurosamente hai postato e avviserò Papagena di questo tuo contributo
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grazie per la fiducia e per tutto il resto.
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