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Archive for Maggio 2016

magritte_il_vestito_di_notte

La luna risucchiata dentro il cuore
io l’ho sorpresa, di primo mattino
fluttuava provvisoria
sopra un tetto
dentro un’aura diffusa
e trasparente

con gioia
ho respirato il suo silenzio

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un racconto molto particolare…

campo del ghetto

Nel 2016 il Ghetto di Venezia compie 500 anni. Una buona occasione per postare questo racconto di Marino Orsoni, scritto nel 2008; per questo motivo appaiono nella narrazione alcune circostanze ormai datate. Naturalmente speriamo che l’incubo prefigurato non si avveri.

1

10 dicembre, lunedì. Erano le nove e quaranta, l’ora di Luigina Penso vedova Tramontin. Puntualissima usciva dal portone della sua casa sul rio di Cannaregio, e se lo chiudeva alle spalle con cura. In fondamenta, quasi di fronte a lei, stava aprendo la solita bancarella di oggetti vari: casalinghi, plastica, fiori… Un mazzetto di margherite, così finte da sembrare false, attrasse il suo sguardo e le fece ricordare l’imminente visita ai finanzieri, le guardie che stazionavano giorno e notte nel ghetto, per dissuadere Bin Laden dal venire fin qui per fare il suo attentato più spettacolare e clamoroso. Venezia, si sa, è il miglior palcoscenico del mondo…
Dal giorno in…

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venezia 5

tra capelli che guizzano
e lingue infilzate nei coni-gelato
il viaggio procede lento

su piastre d’ardesia liquefatta
la laguna ci sostiene, ci dondola
gabbiani e svassi in picchiata

lontano, lontano le isole
solitarie galleggiano verdi
emerse da secoli, sbriciolate

come cucchiaio nel gelato l’aria
scava una serpeggiante scia…

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cansiglio_infrared_by_orsoni

foto di Piero Orsoni

camminerai nel tempio screziato
d’ombre rosse
vivo muschio sommerge i ceppi
ondeggiano felci sull’inquieto
riposo del tempo

oltre il bosco, sui prati
vedi recinti vuoti, senza animali –
l’altopiano ha morbide curve
fantasmatici ciuffi, rami
trascolorati in viraggio alieno
macchie di sempreverdi

anche quest’anno ascolti
il concerto di vetro che fonde l’aria –
con tocchi sottili
si svelano le mutazioni

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il mare, dall’alto

mare

il mare, dall’alto
trema d’ombre e di squame
si slarga in luminosa curvatura
con vive pieghe di velluto grigio
metallizzato

alla mia destra, acacie e sterpi –
invisibili, oscure risonanze
sprofondate nel Carso
innominate memorie
sotto il passo dell’istrice

dietro, Trieste arrampicata
evapora controvento

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quasi straniera

quasi straniera

La morte notturna mi rovescia
spiaggiata nelle stanze incoscienti
nel mattino, un’eco lontana
acqua impaziente nei tubi
brontolio di motori sull’acqua
o forse
un alfabeto di note straniere
le capisco un po’ meno
ogni giorno che passa

figure sformate si aggirano per le calli
al posto dei piccioni
gabbiani in picchiata come albatros

mi specchio dentro volute
di pietra e acqua torbida
quasi straniera nella città
me ne andrò
in trasparenza

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Philippe Parreno

Philippe Parreno “My Room is a Fish Bowl”

La mia stanza è una casa di pesci
galleggianti a lenti intervalli
nelle note del
pianoforte

sfrecciano scafi dietro i vetri –
sazi di bianchi spazi noi
dalle grandi finestre
vediamo acqua e nuvole
navi e cupole in transizione –
separati dal mondo, noi

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