
Ho chiamato il vuoto con molti nomi
zero assoluto, nulla, niente
solitudine e nebbia
notte bianca incombente
raschio
che ogni cosa cancella
e poi,
vivere in affollamento di verbi
a che serve?
se io vengo dal vuoto di storie
dimenticate
ho succhiato latte ed oblio
e per vivere, ancora
ho sgommato ricordi
la leggerezza del vuoto ho cercato
e temuto il vuoto pesante
ma vengo da un paese che non esiste
e la musica del silenzio mi chiama
Molto intensa: scavi nel tuo animo in maniera emozionale e ce la fai gustare facendoci entrare nell’abisso di un io personale illuminandolo con le parole…
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Sono felice che ti sia piaciuta; un’analisi come questa, espressa da te, vale molto. Hai capito comunque che il mio, per quanto episodico ed istintivo, è un lavoro di ricerca e di scavo.
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Cara Marina dopo un lungo periodo, durante il quale il mio di silenzio è stato più che giustificato, torno a leggerti sempre con molto piacere. Una poesia questa dove affiora il tempo di una solitudine che forse ancora si protrae. Molto bella. Ho passato cinque mesi di giorni orribili mia cara. Oggi che tutto è finito andiamo avanti cercando di risalire la china. Un abbraccio. Isabella
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Cara Isabella, mi dispiace davvero che tu abbia passato un lungo periodo di intensa sofferenza. La volontà di uscire dal buio è il primo passo per tornare a vivere, e mi pare che tu lo stia facendo anche attraverso i tuoi ultimi post, molto ricchi di impulsi positivi. E poi, riallacciando la trama dei dialoghi come il nostro; ti ringrazio per la tua visita, ora capisco quanto sei stata male leggendo i post di agosto. Un bacio
Marina
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Si cara Marina un male il mio che ancora mi porto dentro anche se mi sforzo di stemperarlo in qualche modo . Mio fratello cerca di stemperarlo attraverso la pittura io con lo scrivere, se mi riesce. E sono felice del nostro ritrovarci. Un abbraccio di cuore. Isabella
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sono felice anch’io di risentirti; devo dire che io stessa ho avuto poca voglia di scrivere e interagire su internet durante questo lungo periodo di vita tutto meno che normale, ho trascurato queste attività, cui mi sono dedicata solo saltuariamente. bacioni
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Difficile da capire, questa, per me, a chilometri di distanza. Mi chiedo però se abbia un senso cercare di capire e se non sia meglio lasciarsi semplicemente prendere dalla musica delle tue parole, che dipingono impressioni che forse non necessitano altro chiarimento. Adoro inoltre (ho corretto: avevo scritto “comunque”, ma era sbagliato) il tuo modo di usare (forzare, talora stravolgere) le parole, donando ad esse significati impensabili in un modo tanto coinvolgente (quel raschio e quello sgommato sono fenomenali). No, non sto affermando che l’emozione sia meglio della ragione: questo non lo farò mai. Ma un testo poetico come questo è una dolce provocazione allo scatenarsi di molti pensieri affatto caotici ed istintivi. Grazie.
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La poesia non è filosofia, quindi si basa su emozioni e vuole trasmettere emozioni; chi scrive pensa ma poi si lascia andare alle suggestioni che emanano le parole, chi legge si lascia andare (come scrivi anche tu) per cogliere il “sottotesto” nascosto.
Quando leggo poesie che mi piacciono, spesso mi affascina proprio quello che non comprendo razionalmente, ma di cui intuisco un significato più profondo.
Grazie mille per il tuo apprezzamento e stammi bene!
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“vivere in un affollamento di verbi” non so bene che cosa voglia dire, ma rende l’idea del vuoto e dello spaesamento “vengo da un paese che non esiste”. Sei riuscita a dare bene l’idea del vuoto: descrivere quello che non esiste è molto difficile perché la mente di chi legge si riempie comunque di immagini.
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Infatti, che cos’è il vuoto? un’esperienza fisica, psicologica, un concetto astratto?
spesso ci sentiamo vuoti in questo periodo, eppure non si può vivere senza pensieri, per quanto poco approfonditi, senza sensazioni, per quanto fuggevoli. Secondo alcune teorie, non esiste ciò a cui non diamo un nome: allora, se io do molti nomi al vuoto, esiste eccome!
scrivere questo mi aiuta ad esorcizzare la paura istintiva del vuoto, penso.
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