
Quando presi per mano le parole
era un’alternativa al nulla –
dieci giorni di pioggia e la carta stampata
svaniva in un punto zero
pensai: posso danzare un girotondo
ma solo con le “mie” parole –
gocce oblique tagliavano i vetri
dentro e fuori fluttuava una nebbia
pantano oscuro di suoni e voci
bombe al fosforo, insulti e urla
grasso che cola e la fame più nera
c’era un buco nell’universo
e così io presi per mano
parole a caso, sassi affiorati
da graffiare sul cartongesso
parole scritte a matita
proiettate su questo schermo