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Archive for the ‘foto’ Category

facciamo finta

Facciamo finta che questo mondo
sia il mondo di prima
che questa casa
sia la stessa da cinquant’anni

facciamo finta che io
sia la stessa persona di sempre –
anzi, ch’io sia me stessa
e sia una persona – non cento pezzi
mischiati, centrifugati

sì, facciamo finta che tu sia tu
che io ti conosca come tu, forse,
credi di conoscere me – compresi
angoli oscuri, parole e silenzi

pure, i nostri corpi si attirano
nella desolazione di un mondo
di urla e spari, di fango e bombe
menzogne e morte

 

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Il salto
tra un minuto e l’altro
lo spazio allargato tra i giorni
la distanza insondabile tra i corpi
e i pensieri – fra gli esseri viventi

abissi
risucchiano le ossa sotto
macerie calcinate,
fanno emergere lacerti
dalle torbiere

musiche estinte da millenni
giacciono dimenticate –
strato dopo strato
ciò che resta dei templi antichi
si strugge nel fango

ma lo splendore
di un albero a primavera
m’invade lo sguardo –
entro nella sua chioma
dal verde abbraccio

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non scrivo più

Non scrivo più –
un foglio bianco al centro
della mia mente
sotto, non trovo più parole

per abitudine e vecchio vizio parlo
ma sempre meno –
un fastidio sottile è nell’ascolto
di vecchie voci, racconti logori

il mio tempo è trascorso come piuma
il passato mi schiaccia come pietre

fuori, la vita crudele, furiosa
fuori è la vita tenera, che spunta –
ma dentro me io sento
un bianco nulla
e mi attira insensato –
come un sonno avvolgente
lo desidero e aspetto

 

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Nel tranquillo silenzio della sera
ho letto versi
infilati su fogli bianchi
come calle in un vaso di lattimo

erano parole di vetro
intimamente sprofondate –
tra cerchi d’ombra e riflessi vaghi –
fino al centro dell’anima

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risveglio

Parole senza importanza
vagano in una grigio-rosa
nebbia di semi-incoscienza –
si comporranno in pensieri, forse
di quasi-speranza

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distanza

faccio esercizi di distanza

da me stessa e d’altrui __________

soprattutto da me, se potessi

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passo il tempo

Passo il tempo a osservare
eventi che non passano mai
la vicina immobile e sola
case sbarrate, disabitate
stanze ferme, con fantasmi sparenti

(l’isolamento, per me, non è mai finito)

poi,
passo il tempo a schivare
le persone che scorrono per le strade
e frequento le alterità
di amicizie irreali nell’etere
e vivo tra le pagine di libri
consumati voracemente

la sera, mi addormento
sfinita quasi avessi vissuto
davvero

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dipinto di Claire Tabouret

Avrei voluto cantare
e ho pensato di farlo –
il mio era soltanto un eco

e ho parlato, sì, ho parlato tanto
in mezzo a tanti oppure sola
con il mio amore –
io credevo di dire

ma chi ha raccolto il filo
guardato dentro il pozzo
immerso il dito
spezzato la linea
illusoria di superficie
se neppure nel mio profondo
io stessa potevo?

tutto rimase suono
mimesi e finzione
incompetenza –
ho creduto di vivere…

eppure

quando prendo contorno
e il mio corpo si fonde al tuo
o vedo un bimbo
agitare le braccia, muovere piccoli passi
vacillando con determinazione –
sono viva!

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Non esiste un linguaggio umano
per le saette di piombo e fuoco dal cielo
gli squarci nel cemento e nei corpi
per le anime nascoste a morire
sotto travi e macerie, lentamente

le città sono deserti di cenere
sotto l’occhio impassibile dei droni
palazzi sventrati sigillano esseri umani –
scantinati perduti senza pane
e neppure una goccia d’acqua

a milioni sono fuggiti
i passetti dei bimbi nella neve
con le loro tutine pulite –
in quel luogo, ora
è morta l’innocenza

ci si vergogna a considerare
che questo è stato
e in questo momento esiste:
un rosario perverso senza fine

neppure uno sarà dimenticato, dicono
ma chi conosce il nome
del vecchio, della madre, del soldato
smembrati nei sacchi grigi?
un calcolo a peso per i morti
a quintali nelle fosse –
le strade bruciano
disseminate di ferraglie
cavalli di frisia e stracci calcinati –
chi mai li potrà riconoscere
nominare ad uno ad uno
prima che sia l’Apocalisse
e gli Angeli terrificanti
non lascino scampo
a chi ha negato una goccia d’acqua
a chi ha torturato, stuprato, ucciso
nel segno di Caino?

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Spazio-luce

Lassù tra le nevi
incontaminate
un biancore ti abbaglia sconfinato
e tu respiri spazio in esultanza
di luce – sei da raggiante spazio
penetrato

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