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Posts Tagged ‘mare’

Kandinsky

Si confusero gli alti e i bassi, il prima e il dopo
in sogno, le strade erano nastri
il mare stava a guardarmi da lontano
e il cielo colorava le colline –
in sogno, tacquero gli uccelli
il sole era piombo fuso

nel dormiveglia, fui circondata
da presenze indistinte –
un cinguettante coro di bambini
un freschissimo canto a bocca chiusa…

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mutevole rapsodia

Non esiste altro luogo dove andare
ora è il tempo della melodia
non più indugi, attese e sconforto
una pioggia di note crivella
corpo e mente in un mare di suoni…
ti travolge il ragtime – onda anomala

non esiste altro luogo dove andare
ma soltanto il presente che scivola
e il sassofono scioglie e sprofonda
con mutevole rapsodia

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alla fine

z-beksisnki

beksisnki
Alla fine, quello che non hai dato
sommerge le onde del mare –
tramonti e albe da urlo non valgono
mezzanotti di luna allucinata –
hai donato alla vita
nient’altro che piccole cose, pure
magnanimi sassi di splendore
sorridono alle nebbie del mattino
e ciò che non hai dato svampa
goccia a goccia gualcisce
rimasugli di ore calanti

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Van Gogh

Van Gogh

Camminerò verso un mare notturno
sotto stelle rotanti e lune arancio
come in un quadro di Van Gogh

il pizzicato di un violoncello solleverà
onde a virgola, bianche e aguzze
ci saranno gli scogli di Etretat

niente sarà reale
solo il battito del mio cuore

avanzando nel liquido nero
vibrazioni profonde mi laveranno
toccherò il limite tra morte e vita

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convergenza sospesa

isola-dei-morti

Di tanto in tanto, l’isola dei morti
si staglia fra cielo e mare –
convergenza sospesa tra voli

i corridoi dei vivi, sorretti dall’acqua
disegnano curve sulla laguna –
di tanto in tanto, la marea dei viandanti
vacilla dondolando su pietre

e mille vele dalle punte aguzze
rompono i gonfiori a ventaglio, sbandano
veloci al punto di fuga

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il mare, dall’alto

mare

il mare, dall’alto
trema d’ombre e di squame
si slarga in luminosa curvatura
con vive pieghe di velluto grigio
metallizzato

alla mia destra, acacie e sterpi –
invisibili, oscure risonanze
sprofondate nel Carso
innominate memorie
sotto il passo dell’istrice

dietro, Trieste arrampicata
evapora controvento

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girasoli

Van Gogh

accanto ai pelouches
una mensola di bambole russe
piccoli souvenirs
sul muro una stampa
con i girasoli di Van Gogh

lei viveva così, con lenti
leggerissimi tocchi
della mano sinistra –
la destra era offesa –
pensiero e voce sbandavano
i suoi passi inseguivano orme
invisibili del passato:
l’odore del mare, le corse al vento
con i compagni e le amiche felici
lei, bambina perduta nel tempo…

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cerco la goccia

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Cerco la goccia in fondo al mare
un piolo nel turbinare
dell’umanità disgregata –
cerco le latitudini strane
dei miei pensieri smagliati
i suoni dell’assurdo non percepito
il silenzio sordo del mondo
in fragile disgregazione –
cerco
l’incarnazione di Dio nel minuscolo
fiore, nell’unghietta di un bimbo
neonato, nel soffio dei venti astrali
e trovo te, illogico amore
ritornato bambino

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“Venivamo tutte per mare” di Julie Otsuka è un romanzo delicato e tagliente, documentato e poetico. Nata a Los Angeles, la scrittrice nippo-americana condensa la storia di migliaia di giovani donne giapponesi in un libretto snello di pagine, ma talmente denso di fatti e di emozioni che poteva diventare, nelle mani di un altro scrittore, un volume pesante come un vocabolario.
Fin da subito, emerge una scrittura molto particolare, modellata in assoluta coerenza con il punto di vista scelto, quello di un’identità collettiva e molteplice: un “noi” corale, che racconta l’odissea di queste donne, partite dal Giappone per sposare gli immigrati giapponesi in America prima della seconda guerra mondiale – le cosiddette “spose in fotografia”.
Una vera e propria epopea, priva di retorica e con la voce della nuda verità, che prende il lettore pagina dopo pagina e non lo lascia fino alla fine. Un afflato umano e poetico unisce la molteplicità delle storie; la speranza cede presto alla paura, alla tristezza e a un’indomabile rassegnazione; poche cadono sotto i colpi della delusione e della fatica perchè, sotto l’aspetto fragile e minuto, si nasconde una fibra d’acciaio. (altro…)

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milonga

images

Il vento s’infiltrava obliquo
tra i corridoi di case
e aveva odore di mare
ma il mare non c’era

i muri riflettevano l’argento
di un invisibile cielo di piombo
troppo alto, troppo lontano

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